Le onde giganti, nella maggior parte dei casi sono il
risultato del lungo viaggio compiuto dalla massa d’acqua spinta dal vento
attraverso l’oceano. L’incontro con il fondo del mare fa crescere l’altezza e
genera mostri simili.
Gli tsunami sono una cosa diversa. Tsunami significa in giapponese “onda nel
porto”. Si tratta dell’evento più estremo a cui una comunità costiera può
assistere e i suoi effetti rimangono tangibili per molti anni. Conosciuto anche
in Mediterraneo già ai tempi della Grecia classica è stato descritto da Platone
nel Timeo, dove la fine della civiltà di Atlantide viene attribuita a un forte
terremoto causa delle onde che la sommersero. I maremoti sono fenomeni di natura
strettamente geologica e hanno origine in seguito a movimenti della crosta
terrestre o ad altri fenomeni che prevedano la cessione di energia dalla Terra
agli oceani. Frane dunque, come quella che si è verificata a Stromboli, intensi
sismi come il più recente che ha coinvolto l’Oceano Indiano, oppure, ipotesi
questa meno frequente, impatto di corpi dallo spazio sulla superficie
marina.
La caduta di meteoriti, per quanto possa apparire come un evento piuttosto
improbabile, rimane una delle possibili responsabili di una catastrofe naturale
in grado di cambiare il volto del pianeta.
L’onda di maremoto è qualche cosa di molto simile alle onde che si generano
sulla superficie di uno stagno quando vi viene lanciata una pietra. Quando il
corpo colpisce la superficie dell’acqua avviene una cessione di energia dal
sasso all’acqua circostante. Questo trasferimento mette in moto una massa
d’acqua tanto più grande quanto maggiori sono le dimensioni del corpo.
Avviene così la formazione di onde che si propagano radialmente, cioè come
una serie di circonferenze concentriche, ad altissima velocità. Dato che la
distanza da una cresta all’altra è estremamente lunga, nell’ordine delle
centinaia di metri, fintanto che le onde si spostano in acque profonde la loro
percezione può essere difficoltosa se non attraverso precisi sistemi di misura;
è solo nel momento in cui il fondo marino fa sentire la sua presenza che, per
effetto di attrito, la lunghezza d’onda si riduce generando sulle regioni
costiere gli effetti devastanti ai quali abbiamo recentemente assistito. Proprio
a seguito di fatti come questi, in alcune aree del globo particolarmente colpite
dal fenomeno, sono stati messi in opera, già da diversi anni, sistemi di
monitoraggio che consentano, attraverso un minimo preavviso, di far evacuare le
zone costiere maggiormente esposte. Alle isole Hawai, gli tsunami sono un fatto
concreto, e per poter convivere con questi devastanti fenomeni naturali il
governo statunitense ha disposto una rete di boe oceanografiche che consentono
di monitorare l’attività sismica sul fondale oceanico fornendo indicazioni sulla
possibilità di formazione delle onde di maremoto. Anche i sistemi di
monitoraggio però hanno le loro limitazioni: se infatti forniscono un certo
preavviso nel caso di attività sismica, poco possono nel caso di onde anomale
associate a frane o impatti. In tal senso l’unica strategia possibile anche se
non di facile attuazione è quella della protezione costiera attraverso il
mantenimento della flora locale: le mangrovie ad esempio sono in grado di
ridurre notevolmente gli effetti delle onde anomale sulla costa, ed evitando di
costruire insediamenti abitativi in aree ad alto rischio.
Per quanto riguarda la realtà mediterranea, come dimostra un recente studio,
nemmeno le coste del mare nostrum , sono esenti dal rischi tsunami. Solo per
citare i fatti più recenti, negli ultimi anni si sono sviluppate onde anomale
presso le isole Baleari, ed in prossimità dell’isola di Stromboli a seguito ad
una frana nelle acque tirreniche.
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